20 – 20 – 20 i numeri dell’efficienza e del risparmio energetico.
L’obiettivo dell’Europa riguardo all’energia rinnovabile per il 2020 è chiaro: il 20% di riduzione di gas serra rispetto alle emissioni del 1990, la soddisfazione del fabbisogno energetico per il 20% ricavato da fonti rinnovabili e il 20% di aumento dell’efficienza energetica.
Ma la domanda da porsi è quanto convenga investire nel rinnovabile, in quanto il prezzo del petrolio, che fino a 5 anni fa era salito alla spropositata cifra di 150 dollari al barile, ora è drasticamente sceso a 30, e potrebbe continuare a diminuire. Gli Stati Uniti, che ormai sono indipendenti dal greggio estero, stanno investendo sempre di più nel rinnovabile, per garantirsi l’autonomia il più a lungo possibile.
Al contrario il Medio Oriente sta reagendo male alla perdita di quell’enorme mercato che è il Nord America statunitense, complicando il quadro economico mondiale dovuto a questa picchiata nei prezzi dell’oro nero, e rendendo sempre più sconveniente investire nel rinnovabile.
Ma l’Italia, dove si posiziona? Stupisce la lungimiranza dei politici del Belpaese che – a causa della scarsa, se non assente, disponibilità petrolifera interna – hanno investito in energie rinnovabili, cercando di limitare la dipendenza dall’import di combustibili fossili. Lo studio comparativo internazione New Impulses for the Energy Revolution condotto da Handelsblatt Research Institute e General Electric sulle politiche energetiche di 24 Paesi, vede l’Italia in buona posizione per la maggior parte degli indicatori utilizzati per stilare la graduatoria.
È infatti terza nella graduatoria dinamica (i progressi dal 2010) e nona per rendimento complessivo, per via di una ancora elevata dipendenza dai combustibili tradizionali. Le sorti economiche del Paese, sotto questo particolare aspetto quindi, sono forse meno tragiche del solito.