La differenza tra realtà virtuale e metaverso
A dispetto della sua popolarità piuttosto recente, il metaverso non è una novità. Il termine è apparso per la prima volta trent’anni fa nel romanzo
A dispetto della sua popolarità piuttosto recente, il metaverso non è una novità. Il termine è apparso per la prima volta trent’anni fa nel romanzo
Chi ha provato la realtà virtuale può ben capire, o quantomeno immaginare, la magnitudine di questa rivoluzione tecnologica, ma qualcosa di diverso è conoscerne le reali potenzialità di cui parleremo più avanti.
Se invece non ha mai avuto l’occasione di immergersi nella VR (Virtual Reality) cercheremo di aiutarti a comprenderlo nel modo più semplice possibile, ma richiederà un po’ di immaginazione.
Se invece non hai assolutamente idea di cosa stiamo parlando, è il caso di iniziare da qualche definizione.
L’enciclopedia Treccani approfondisce la loro contorta definizione di realtà virtuale spiegando che
“Il fine della realtà virtuale è simulare un ambiente reale per mezzo di tecnologie elettroniche, sino a dare a chi la sperimenta l’impressione di trovarsi realmente immerso in quell’ambiente”
Il fine è quindi creare un’illusione talmente accurata da farci credere di essere in un posto in cui non siamo. Se con uno schermo risulta evidente il bordo – letteralmente – tra virtuale e reale, in questo mondo virtuale il bordo non esiste. Infatti con un visore addosso, anche voltando lo sguardo e girandoci attorno, non avremo modo di scorgere la realtà al di fuori del mondo virtuale in cui ci troviamo.
La differenza tra essere realmente a casa di un amico o trovarci in una simulazione di quella casa risiede ormai solo nei dettagli. La percezione visiva sarà praticamente la stessa.
Associata alla VR si sente spesso parlare anche di AR, o realtà aumentata. Se nel primo caso siamo noi ad entrare in un nuovo mondo, nel caso della realtà aumentata è il mondo virtuale a “entrare” in quello reale.
I casi già esistenti di questo fenomeno passano attraverso gli smartphone, dove puntando la videocamera possiamo vedere sullo schermo cose non presenti nella realtà. Queste possono essere informazioni, oggetti statici o dinamici, animali, o nel caso più famoso di applicazioni di AR anche dei pokèmon.
Le rappresentazioni sono virtuali, ma il contesto in cui vengono mostrate è quello reale e non è solo un’immagine su uno sfondo. Muovendo lo schermo possiamo vederli in scala e in prospettiva, che si muovono realisticamente su una superfice e possiamo girargli attorno. Puntando la camera altrove scompariranno, ma tornando a inquadrare la scena in cui li abbiamo lasciati, eccoli di nuovo lì.
Un’altra applicazione nota è quella di Google Maps. Riprendendo una strada con la fotocamera dell’app questa ci darà le indicazioni con segnali luminosi in mezzo alla strada visibili solo dal nostro schermo. Può anche evidenziare punti di interesse nonchè un compagno virtuale che ci guida nel percorso verso la nostra destinazione.
Nel futuro possiamo quindi immaginarci degli occhiali con lenti trasparenti che ci permettono però di vedere anche questo nuovo strato digitale sovrapposto alla realtà con chissà quante e quali informazioni. Ma prima di addentrarci in uno sguardo verso il futuro, facciamo un tuffo nel passato.
La VR, per quanto avvenieristica, è un atecnologia che esiste già dagli anni 90 in quelli che erano ancora gli albori di internet.
Ci lavorava già uno degli inventori originali dell’algoritmo di google maps. (Per scoprire la storia alle spalle di una delle invenzioni più rivoluzionarie della storia vi suggeriamo di guardare la miniserie su Netflix “The billion dollar code”). All’epoca però la tecnologia era ancora troppo immatura per delle applicazioni interessanti.
Mancavano dei sensori di movimento precisi ed economici. Mancava del tutto la potenza computazionale necessaria alla creazione di un mondo virtuale quantomeno interessante da navigare. La possibilità di muoversi in questo mondo era grottesca così come la possibilità di interagirci.
Nel 2016 venne poi rilasciata la prima versione del loro visore incredibilmente innovativo rispetto agli standard di quegli anni, seguita poi da molte altre versioni, alcune più care e performanti, altre più economiche e leggere.
Nel frattempo sempre più aziende si sono approcciate al settore, ma nessuna con la forza di Oculus unita a quella di Facebook. Insieme anno dopo anno si sono riunite sotto un’unico brand fino ad arrivare al 2020 quando Facebook Inc ha cambiato nome in Meta. Con questo rebrand hanno dimostrato chiaramente la direzione dell’azienda, in cui Oculus e la realtà virtuale saranno centrali.
Se già negli ultimi 5 anni l’accessibilità dei visori è migliorata così come la loro capacità di simulare un mondo virtuale, sarà nei prossimi 5 anni che vedremo i più grandi cambiamenti. Per capirli ci serve però approfondire le componenti chiave della realtà virtuale.
Per farla semplice servono
Questi elementi fondamentali sono strettamente interconnessi.
Partendo dall’interattività, per simulare un mondo virtuale è fondamentale poter interagire con l’ambiente. Che sia per aprire una porta o per parlare con qualcuno, per combattere in un videogioco o per costruire luoghi immaginari. Per fare ciò sono stati sviluppati dei controller, ma anche tecnologie di tracciamento delle dita, il cui obiettivo è riportare nel mondo virtuale le nostre intenzioni per permetterci di interagire con ciò che ci circonda.
Abbiamo quindi appena introdotto il concetto di tracciamento. Che siano le dita, i movimenti della testa, i nostri spostamenti o l’intero corpo. Abbiamo bisogno di tracciare cosa succede nella realtà per riportarlo nel mondo virtuale nel modo più accurato possibile per rendere realistica la simulazione. Se girando la testa ci fosse ad esempio un ritardo o un errore nel movimento simulato, l’esperienza risultante sarebbe pessima.
Arriviamo quindi all’hardware e il software che contiene. Serve ovviamente ad immergerci nel mondo virtuale, ma è sempre tramite l’hardware che vengono tracciati i nostri movimenti per riprodurli nel mondo virtuale. E sempre grazie all’hardware possiamo interagirvi. Hardware più potenti permettono simulazioni di mondi più realistici e dettagliati, di riprodurre le espressioni del viso e di mimare i nostri movimenti con sempre maggiore accuratezza.
Migliorare l’hardware è sicuramente la chiave di questo sviluppo, e “per fortuna” la tecnologia avanza sempre più velocemente.
Le prime applicazioni sono state fondamentalmente quelle di simulazione per i piloti. Invece di una visione a 360° grazie a dei buffi occhiali, la realtà virtuale in cui si trovavano era proiettata su degli schermi a forma di parabrezza in una finta cabina di pilotaggio.
Da lì la simulazione si è evoluta, passando da quella di automobili a quella militare. Immaginiamoci dei soldati con delle armi “giocattolo” che devono sparare ai nemici virtuali senza uccidere i civili che incontrano.
Ma se è possibile simulare la guerra, presto o tardi qualcuno vorrà giocarci. Infatti la più grande e scontata applicazione della realtà virtuale riguarda il mondo del gaming in tutte le sue forme.
Uscendo però dall’intrattenimento ludico è possibile immergersi in foreste virtuali o visitare luoghi reali che sono stati ripresi con telecamere a 360°. E’ possibile fare sessioni di meditazione guidata completamente immersi in un’esperienza creata appositamente per rilassarci. O possiamo tornare sulla spiaggia in cui ci siamo innamorati.
Nel campo lavorativo è possibile mostrare una riproduzione in 3D di un edificio prima che sia costruito, o costruire modelli tridimensionali “davanti a noi” invece che vederli in uno schermo.
E’ possibile vedere dei video dei propri idoli avendo l’illusione di averli incontrati faccia a faccia. Sarà anche possibile visitare il mondo immergendosi nella street view di Google Maps.
Ma se i nostri sensi saranno del tutto imbrogliati, passerà ancora del tempo prima di essere in grado di imbrogliare la nostra ragione.
La realtà virtuale si può infatti dividere in due categorie:
Quella visiva può avere un incredibile realismo, infatti se ci sono delle riprese con telecamere a 360° è possibile immergersi negli oceani, volare giù da una montagna o vedere il mondo. Ma benchè potremo muovere la testa per guardarci intorno non avremo la facoltà di muoverci. In questo caso il nostro punto di vista rimane vincolato da quello della telecamera.
In quella interattivà invece abbiamo più possibilità perché l’intero mondo è simulato. Possiamo spostarci, fare cose, interagire con personaggi virtuali o incontrare gli avatar di altre persone reali come noi in quello che viene chiamato Metaverso.
Qui però il realismo è ancora scarso e più simile ad un videogioco. Ci manca ancora il potere computazionale necessario a simulare un mondo pienamente realistico.
Un altro problema riguarda la velocità di risposta del sistema alle nostre interazioni e movimenti. Con anche dei piccoli ritardi, dopo un po’ si può provare un senso di nausea e giramento di testa.
E se anche riuscissimo a evitare queste sensazioni spiacevoli, come oggi ci sono persone alienate la cui vita ha più significato in uno schermo che intorno a loro, probabilmente sempre più persone trascureranno la propria vita per valorizzare quella virtuale.
Se inoltre è possibile lavorare nella realtà virtuale sviluppando progetti e mondi in cui immergersi, per chi la usa sembra ci saranno meno opportunità. Probabilmente meno rispetto a quelle offerte da internet ai propri utenti, ma questo è ancora tutto da vedere.
Chiaramente è impossibile da prevedere con precisione. Come abbiamo appena detto sicuramente nasceranno nuove opportunità di lavoro sia per gli sviluppatori che per gli utilizzatori. Ancora non è chiaro però se la proporzione e la scalabilità saranno a favore di una maggiore o minore occupazione generale.
Di certo però ci sono alcuni trend verso cui il mercato si sta muovendo che possiamo dare per certi.
Il primo è la sempre maggiore potenza computazionale, che quindi permetterà una sempre migliore tracciabilità e simulazione degli ambienti e delle persone che intendono visitarli. Allo stesso tempo permetteranno sempre più stravaganze: perché simulare un mondo normale quando si può fare molto di più?
Il secondo è la creazione di Metaversi, dei mondi virtuali condivisi in cui incontrarsi, in cui possedere NFT e in cui, potenzialmente, vivere.
Da tempo esistono poi modi innovativi per muoversi nella realtà virtuale senza rischiare di andare a sbattere contro un muro – principale rischio di questa tecnologia. Grazie a queste pedane si può già creare una sensazione simile a quella reale di camminamento, ma sempre di più riusciranno a renderla realistica. In alcuni casi la sensazione di scivolamento viene infatti ancora percepita come “strana”. Con nuove scelte di materiali e design è possibile ottimizzare questa esperienza rendendola al contempo più economica e accessibile a tutti.
Infine sempre di più risulta necessario trovare il modo di darci un feedback sensoriale sul mondo con cui interagiamo. Toccando qualcosa nel mondo virtuale non abbiamo ancora la sensazione del tocco sulle dita, ma è qualcosa su cui Meta sta già lavorando. Arriveremo a delle tute con simulazione sensoriale totale? Impossibile da prevedere, facile da immaginare.
E tu cosa immagini per il futuro della realtà virtuale?
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